Ma da quanti giorni mi girava per la testa l'idea di giocare con il caramello?
A dire il vero, volevo cimentarmi con lo zucchero tirato e con pazienza mi ero preparata all'evento. Guanti da caramello, glucosio, acido tartarico al 50%....Ma io non sono ancora pronta di testa...Una cosa la devo "sentire" nel cervello prima di farla. Altrimenti, non c' è storia.
Mi inibisco.

Diciamo che mi sto preparando alla cosa. E allora stamattina, complice una panna cotta al caffè fatta ieri sempre secondo la ricetta della Rita Mezzini, mi sono lanciata. No, non con lo zucchero tirato classico, ma con l'isomalto.............E senza satinare.....Ci penserò dopo a provare a satinare.....
Volevo solo provare a fare quei deliziosi anelli colorati di zucchero caramellato, quelle spiraline che vedo in tanti libri di cucina....quei fili di zucchero che mettono calore e allegria e leggerezza ai dolci.

Non mi sono bruciata grazie ai guanti.
Non ho imbrattato la cucina di zucchero caramellato come sempre ...meglio spesso...mi é capitato.
Non ho sprecato materiale, né distrutto spatole e padellini.
Devo dire che quando mi sono ritrovata questi due anelli....caspita!  Mi ci sono proprio divertita a farli rotolare tra le mani.

Anelli di zucchero caramellato



Come si fanno?

Ho versato circa 100 g di zucchero isomalto in un padellino e l'ho fatto sciogliere. In pochissimo tempo, si è fuso completamente e ha cominciato a bollire. A questo punto ho aggiunto una puntina di colore giallo in pasta e l'ho sciolto con un cucchiaino. Ho fatto continuare la cottura fino allo stadio di caramello. Con molta attenzione, ne ho versato una cucchiaiata su un silpat e l'ho fatto scendere di temperatura controllando ogni tanto i bordi per vedere se cominciavano a solidificare. Sempre dotata di guanti adatti alla lavorazione dello zucchero, ho preso la pallina di zucchero tra le dita e ho cominciato ad allungare in modo da formare un filo. Contemporaneamente l'ho attorcigliato intorno ad un bastoncino di legno. Oppure, intorno ad un cannolo di latta. Meglio se unto con un pò d'olio. In poco tempo si é solidificato completamente e dopo l'ho sfilato dal supporto.





E' naturale che ho volutamente esagerato con la decorazione sul dessert........E che c'è ancora di che lavorare per fare le cose migliori esteticamente, ma....mi devo dare coraggio da sola, non credete?

E' solo un gioco per mostrare che in poco tempo e facilmente si possono fare delle decorazioni simpatiche e di fantasia.  Per esempio, questi anelli li ho fatti facendo girare il filo intorno ad un cannolo di latta e chiudendo gli estremi senza fare la spirale. Ma si può anche prendere il filo e velocemente dare la forma che si desidera. Occorre lavorare in fretta e procedere prima che lo zucchero indurisca completamente.....



Siccome la panna cotta, pur priva di decorazioni al caramello, é veramente deliziosa , mi sa che ve la riscrivo. Perché é veramente un peccato sottrarsi e non sperimentare un dessert cosi ...buono?...

Per la panna cotta al caffé

500 ml di panna
160g di albumi
125g di zucchero semolato
10 g di caffé liofilizzato
1/2 bacca di vaniglia Bourbon

Incidere la bacca per il lungo ed estrarre la polpa. Versarla nella panna, aggiungere lo zucchero, il caffé liofilizzato  e portare lentamente ad ebollizione. Far intiepidire. Rompere gli albumi  gli albumi con una frusta evitando di schiumarlo eccessivamente e versare su di essi la panna. Eliminare le eventuali bolle d'aria rimaste in  superficie. Far caramellare dello zucchero e rivestire l'interno di uno stampo. Colare il liquido e sistemare lo stampo in un bagno-maria in grado di andare in forno. 
Cuocere a 120°C per circa 90 minuti.
Far raffreddare completamente prima di capovolgere il dessert.

PS: Stavolta, ho modificato la temperatura di cottura portandola a 120°C ed aumentando il tempo ...giusto per verificare se la variazione potesse influenzare la struttura del dolce. Al gusto mi sembra più cremosa.....




Il gioco dei ricordi

in , , by I Dolci di Pinella, giovedì, settembre 15, 2011
Quando penso alle mandorle, quando le prendo tra le mani ma specialmente quando le tuffo nell'acqua bollente per vedere, poi, sgusciare tra le dita la sottile pellicola che le ricopre.....un paio le metto nella ciotola, una me la mangio......non c'é volta che non mi ritorni alla mente quando, da piccola, mi mettevo seduta, all'ombra della pianta, lì sulla collina da cui potevo far vagare lo sguardo ad abbracciare il mio paese.
Le osservavo cascare dai rami  sopra la testa e affondare nel telo che i contadini sistemavano meticolosamente per impedire che rotolassero verso giù, in mezzo alle rocce, tra gli avvallamenti del terreno, in mezzo agli arbusti e alle sterpaglie.

Mi davano sempre il permesso di prendere quelle che volevo. Le spaccavo con un masso e ne estraevo il seme fresco, all'interno. Erano di un sapore fantastico. Inebriante come quello delle susine verdi che "rubavo" dai rami delle piante che sporgevano sui viottoli di campagna, lì verso il fiume.

Sarà per questo che mi piace pulire le mandorle. Un paio le sbuccio e una la mangio. Sempre cosi.
Per non parlare del momento in cui le spargo sulla teglia dei biscotti e le infilo in forno. A tostare,  del colore dell'ambra. Ogni minuto il forno si spalanca per immergere la mano e farle ruotare. Impossibile sottrarsi all'assaggio.
Poche cose sono buone come le mandorle tostate.

Ricordo che mio padre se ne faceva mettere una manciata  su un piccolo piatto. Mandorle tostate inframmezzate a pezzi di gusci che  babbo separava lento , tra un piccolo boccone di pane e un sorso di vino rosso.

Si tostavano per fare il gattò. Il croccante di mandorle noi lo chiamiamo gattò.
Caramello e frammenti minuti di mandorle tostate che mia zia otteneva con il passaggio di un grosso mattarello.

 "Avanti, indietro, adesso schiaccia. Più forte.Piano, piano che altrimenti diventano troppo piccoli".

Ricordo che quando lei si fermava per riporre i piccoli pezzi in una ciotola di paglia io ne approfittavo per allungare la mano e sottrarne più che potevo.

"Se continui cosi, non basteranno per fare il gattò"-mi diceva

Quando il dolce era pronto, steso sopra la carta in strato sottile con l'aiuto di un grosso limone e ritagliato a rombi da adagiare sulle foglie fresche del limone del giardino, io non avevo più voglia di mangiarne.

E ancora oggi, é cosi. Poco importa se al posto delle mandorle, il gioco dei ricordi ha usato dei profumati ed intensi pistacchi.
Ancora oggi, é cosi. Solo che nessuno li mette piu' su un piattino, tra un sorso di vino ed un boccone di pane. E  più nessuno si volta per darmi la gioia di assaporarne qualcuno di soppiatto.

E' il gioco dei ricordi, infine.

Croccante di pistacchi



240 g di zucchero
200 g di pistacchi sgusciati
un cucchiaino di miele
un limone biologico


Distribuire i pistacchi sopra una teglia e farli tostare in forno. Allargarli sopra un foglio di carta e frammentarli in piccoli pezzi per mezzo del mattarello, facendo una pressione sui semi in modo da romperli grossolanamente. Versare lo zucchero in una casseruola. Bagnarlo con pochissima acqua e farlo cuocere fino a quando forma uno sciroppo denso. aggiungere un cucchiaino di miele e proseguire la cottura fino allo stadio di un caramello biondo. Cominciare a versare i pistacchi e con l'aiuto di un cucchiaio di legno rigirarli in modo da farli rivestire di caramello in modo uniforme. Completare la lavorazione  e versare il composto sopra un foglio di carta da forno leggermente stropicciato ed inumidito. Stendere il croccante servendosi di un grosso limone in modo da ottenere uno strato sottile, di 1/2 cm di spessore. Appena consolidato, ritagliare in rombi con un coltello affilato.


Praliné di pistacchi


Per ottenere un'ottima pasta di pistacchi, inserire il croccante all'interno di un mixer potente e ridurlo in morbida pasta. Servirà come speciale ingrediente nelle bavaresi, nelle mousses, nei gelati. Ma anche come deliziosa decorazione nei desserts al piatto.....
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